Ho iniziato a scrivere un primo – seppur breve – diario di viaggio, qualche settimana prima di partire per lo Sri Lanka. Solo poche parole, dettate non dalla mente, ma dal cuore ed ispirate dalla sensazione che un viaggio, uno di quelli veri, non inizi in aereoporto, ma dal momento in cui, dentro di te, inizia a prendere forma l’idea di quella meta: quando, tra le infinite possibilità, una in particolare si fa spazio nella tua anima e, giorno dopo giorno, cresce, fino al momento dell’effettiva partenza.
Con tali presupposti – con l’emozione così forte per quella destinazione sin dal momento della prenotazione del volo – mi sarei aspettata di scrivere, durante e dopo il viaggio, un fiume di parole.
I pensieri erano tanti, le emozioni vissute ancora di più e gli insegnamenti impartiti dai monaci buddhisti raramente preziosi. Avevo tanto da condividere e trasmettere, ma, pur sforzandomi di mettere mettere nero su bianco quelle emozioni – affinchè di quell’esperienza restasse una traccia non limitata alle sole fotografie – con mio grande stupore, non riuscivo a scrivere nulla.
Sono oramai trascorsi mesi dal mio ritorno in Italia e, ieri sera, mi stavo chiedendo se l’idea della seconda parte del diario di viaggio avesse ancora un senso, considerato anche che, nel frattempo, sono partita e tornata da un’altra vacanza.
Mi chiedevo cosa ci fosse di logico nell’iniziare un diario di viaggio in febbraio, con la prenotazione di un volo per Colombo e nel concluderlo a giugno, un mese dopo essere tornata dall’isola di Formentera.
Eppure, questa mattina, una frase di Frietrich Nietzche mi ha svegliata prima dell’alba, ripetendosi nella mente come un mantra, quasi fosse il signor Nietzche in persona a volermi far alzare dal letto per iniziare a scrivere:
“Bisogna avere il caos dentro di sé
per generare una stella danzante”.
Ecco, dunque, che scrivere un diario di viaggio a distanza di mesi ha trovato, già mentre bevevo il caffè, la sua ragion d’essere. Non c’è niente di insensato: è tutto solo meraviglioso caos.
Con questa nuova sensazione, tutto mi è sembrato così chiaro da non lasciare adito a dubbi, e le parole sono iniziate ad arrivare naturalmente, perchè se è vero che un viaggio inizia molto prima di arrivare in aereoporto, non è detto che finisca – come la mente razionale vorrebbe – tornando a casa.
Sono partita per lo Sri Lanka sola, senza compagni di viaggio, con l’intenzione di andare a meditare con un monaco eremita, che vive isolato in un monastero nella foresta (e spesso, senza fare ritorno al monastero, nella foresta stessa si ferma a dormire senza alcun riparo), allo scopo di liberare il mio spirito selvaggio, superare le mie paure, i miei limiti e, ispirata dal noto libro di Clarissa Pinkola Estés, correre con i lupi.
Meditazione nella foresta
Volevo regalarmi un sogno – diverso dalla solita spiaggia di sabbia bianca e hotel 5 stelle – e, al fine di realizzarlo, avevo pianificato ogni minimo dettaglio.
Non appena atterrata a Colombo, mi sono resa conto che i sogni non si possono pianificare. Come i sogni notturni, che arrivano e svaniscono come la luce di un lampo, senza preavviso né controllo, anche i sogni ad occhi aperti sono come stelle cadenti: puoi essere così fortunato da riuscire a vederle, ma non esiste possibilità alcuna di poterle controllare.
Così, per una serie di circostanze, tutto ciò che avevo organizzato non era realizzabile e il mio programma di viaggio doveva essere modificato.
Non solo: l’arrivo anticipato ed imprevisto del monsone è riuscito persino a scombussolare il mio programma di riserva, costringendomi, ogni mattina, a rivedere, a riprogrammare, a decidere cosa fare, dove andare.
Volevo la foresta, ma, a dispetto di ogni mio piano e desiderio, pare che l’universo volesse portarmi al mare e davvero non riuscivo a capirne la ragione, considerato che ogni mia vacanza, negli ultimi vent’anni, è stata su una spiaggia. Come potevo liberare il mio spirito selvaggio facendo ciò che ho sempre fatto??
Dopo qualche giorno di consueta resistenza – nella speranza che tutto tornasse conforme ai miei piani – mi sono arresa e mi sono spostata in un monastero sulla spiaggia.
Epuure è stato lì, in quel monastero sulla spiaggia, che i miracoli hanno iniziato ad accadere. Non senza che la mia pazienza fosse messa a dura prova.
la caverna dei pipistrelli
Più volte ho chiesto al monaco di meditare nella bellissima sala piena di statue di Buddha di pietra bianca, ognuna con un mudra diverso. Ma lui, con un sorriso benevolo, ogni volta mi relegava in una caverna con un soffitto bassissimo, pieno di pipistrelli, dicendomi: “Qui, per te, è meglio. Puoi restare e meditare per tutto il tempo che desideri”.
E, così, per non dargli la soddisfazione di andarmene dopo mezz’ora di meditazione, in quella caverna sono restata anche a dormire.
A dispetto di ogni previsione, in quel luogo così poco confortevole, dormendo sulla pietra, con i pipistrelli sopra la testa, dopo due giorni, ho vissuto la mia prima vera esperienza di chitta samadhi: pura beatitudine della coscienza. Sono stata presa da una gioia così forte da dover correre nell’oceano, cantando a squarciagola, pervasa da un divino senso di gratitudine e sentendomi benedetta dall’universo.
Credo di essere rimasta l’intera giornata a giocare con le onde (contagiando di quella gioia tutte – non molte a dire il vero perchè la spiaggia era quasi deserta – le persone che si trovavano lì; poche o tante non conta, dopo poco tempo tra le onde c’erano solo persone che, sole o in compagnia, ballavano e cantavano). Per ore, ma d’altra parte, nessuno avvertiva più il senso del tempo e dello spazio, come normalmente li conosciamo.
Non c’era distinzione alcuna tra me (anima, cuore, corpo e mente), il mare, le sue onde, le persone che entravano in acqua sorridendo e cantando in mille lingue diverse, il cielo, l’universo intero.
Uscire dalle acque di quell’oceano, avrebbe significato tornare alla distinzione, alla separazione, quando, finalmente, avevo completa contezza di quella sensazione di unione di cui tanto si sente parlare nei corsi di yoga.
"In questo corpo c'è il monte Meru,
circondato da sette isole,
vi sono sette fiumi, mari, monti, campi
e proprietari di campi.
Ci sono saggi e asceti, tutte le stelle
e i pianeti, i santuari, i luoghi sacri
e le divinità protrettrici che li abitano.
Vi si muovono il sole e la luna,
autori della creazione e della distruzione.
Vi sono anche l'etere, l'aria,
il fuoco, l'acqua e la terra" *
Ricorderò sempre, come uno dei momenti più belli della mia vita, il giorno precedente la mia partenza, quando ho chiesto al monaco di benedirmi prima di tornare in Italia: mentre mi allacciava un braccialetto e sussurrava un mantra impercettibile al mio udito, ho sentito il cuore alleggerirsi di ogni peso. Ho sentito quel mantra vibrarmi nel corpo ed eliminare ogni forma di dolore residuo e, nuovamente, spazio e tempo hanno perso ogni significato. Credo di aver impiegato ore a scendere i pochi gradini del tempio, in uno stato d’estasi, mentre lacrime di pura gioia mi scendevano, copiose ed inarrestabili, dagli occhi, perché, mai, nel corso della mia esistenza, mi sono sentita così leggera, nel cuore, nell’anima e nel corpo.
La triste verità è che, quando vivi queste esperienze indescrivibili, spesso non riesci a “trattenerle” dentro di te, a farle veramente tue per sempre.
Hai visto e sentito, sei giunta alla piena consapevolezza di cosa sia la realtà, quella che ci è negato conoscere con i sensi e la mente, così limitati. Arrivi alla vera conoscenza e capisci che solo per questi momenti vale la pena di vivere.
Tuttavia, quando la realtà quotidiana, la routine, le brutture del mondo ti ripiombano addosso, il tuo Ego, i tuoi attaccamenti riprendono forza e, a volte, cedi, relegando quei momenti d’estasi a ricordi, senza riuscire a trattenerli per quello che realmente sono: lo stato naturale dell’essere umano.
E così, con un nuovo trionfo dell’Ego e il medesimo atteggiamento di ricerca di un sogno, sono arrivata a Formentera.
Era la mia quarta esperienza su quell’isola magica, nella quale – ogni volta – un imprevisto, un’incomprensione, la compagnia “sbagliata” non mi avevano lasciato vivere come avrei voluto quella terra che io sento così forte.
Nuovamente, ho pianificato affinchè tutto potesse essere finalmente perfetto. E l’isola magica mi ha illusa, per un giorno.
Poi, nuovamente, una serie di circostanze mi ha portata ad adattarmi, a cambiare programma, a vivere situazioni completamente diverse da quelle che mi aspettavo e che avevo programmato.
Volevo la perfezione. Invece, ho vissuto la nascita della presunta perfezione, vedendo l’isola quando ancora di perfetto non c’era nulla.
Sono arrivata mentre Formentera stava nascendo. Tutta in costruzione: un locale apriva; dieci erano ancora chiusi con i lavori in corso e gli operai che tra sole, pioggia e vento, cercavano di dare in pochi giorni una forma a ciò che forma non aveva.
Ho visto quel luogo prendere vita, assumere un’identità, diventare ciò che gli è richiesto di essere fino a settembre.
Aspettavo che l’isola si animasse, diventasse perfetta, con i mercatini, i chiringuitos sulla spiaggia, tutto come da programma, senza quasi rendermi conto che la magia era prima, quando ancora la forma – costruita, misurabile, governabile, controllabile – non esisteva.
La magia era quando il vento ti spettinava anche l’anima, il caos regnava sovrano e tutti sembravano stare bene, tranne me.
".. il metodo segreto
sta proprio nell'aggravare il peso.
Se tutta la realtà non viene aggravata
non si può ottenere la liberazione
con l'uso di antitodi
rasserenanti e piacevoli" **
Ciò che non comprendevo – ne’ in Sri Lanka, ne’ a Formentera – è che volevo vivere un sogno, senza rendermi conto che lo stavo già vivendo e, soprattutto, che era il sogno ciò da cui stavo cercando di fuggire.
Tutto è immagine, simbolo, sogno del sognatore che sta vivendo una realtà che crede vera, ma che nulla ha di reale.
E stamattina Nietzche mi ha svegliata, ricordandomelo e facendomi notare che, finché cerchi, sei nella mancanza.
Finchè cerchi il viaggio perfetto, sei così distante dalla realtà da non riconoscere che essa, non solo è perfetta così com’è, ma è tutta, semplicemente tutta, pura dimostrazione di amore.
Finchè cerchi il viaggio perfetto, ti perdi tutto ciò che l’universo ti sta donando: non riconosci nell’imprevisto il dono, non comprendi che quell’imprevisto è semplicemente il meglio per te, ciò che ti porta in contatto con la tua anima. Non provi gratitudine per il dono ricevuto e, così, e ti perdi tutto l’amore che la vita ti sta dando.
Ogni esperienza è perfetta, anche quando non corrisponde alle tue aspettative.
Ed e’ qui che il mio viaggio è iniziato davvero.
Quando ho iniziato a riguardare indietro, a rivedere ciò che è stato fino ad ora ed ho riconosciuto, in fondo al cuore, quanto sono stata amata profondamente in ogni istante della mia vita, anche quando il vento mi spettinava l’anima o il monsone mi costringeva a cambiare programma.
E questa grande manifestazione d’amore, oggi sono riuscita a vederla non solo nei viaggi, ma anche nelle persone con cui sono entrata in relazione nel corso della mia vita, sentendomi finalmente e profondamente amata da tutte loro, soprattutto da quelle con cui ho avuto i rapporti più difficili, che più mi hanno fatto piangere, realizzando che avevo bisogno di tutte quelle lacrime.
Avevo bisogno di tutti i loro atteggiamenti, soprattutto quelli che criticavo o che mi facevano soffrire.
Ognuno di loro è stato semplicemente la persona perfetta per me. Doveva mostrarmi una ferita che già era presente nel mio cuore e che la mia anima ha voluto affrontare e risolvere in questa vita.
Ogni volta che mi sono ribellata a quegli atteggiamenti perché mi facevano stare male, semplicemente o non ho voluto o non sono stata in grado di riconoscere quella ferita che, ignorata, puntualmente dopo un po’ si ripresentava.
Stare nella foresta è stato meraviglioso: meditare nella natura, tra scimmie ed elefanti in libertà, arrampicarmi sulla roccia per raggiungere il luogo di meditazione, dormire in una capanna che, in realtà, era un tetto di foglie secche senza pareti.
Ma correre con i lupi non era quello.
Correre con i lupi è danzare con la pioggia e fare l’amore con il vento, anche quando vorresti il sole.
Correre con i lupi è entrare in sintonia con tutto ciò che l’universo ti porta, anche con quelle emozioni che non vorresti – perché credi che non ci possa essere felicità nella rabbia, nella frustrazione, nella delusione – ed accoglierle, ringraziando nel profondo, perchè hai ricevuto il più grande dei doni.
"Il metodo segreto consiste nel non avere
ne' speranza ne' timori" ***
Ho sentito dire che l’arcobaleno si può vedere solo se hai il sole alle spalle. Non ho appurato se sia scientificamente vero, ma l’idea mi piace.
Mi piace pensare che se ti giri verso il sole, non solo perdi i colori, ma rischi di restare accecato, fino a non vedere più niente. La stessa cosa con le ferite che hai dentro: se guardi ciò che ti fa soffrire, resti accecato dalla rabbia, dal dolore, da tutte le emozioni che la ferita riaperta ti può dare. Ti consumi, senza vedere il dono che la vita ti sta facendo.
Ma se solo trovi il coraggio ti girarti, mettendo alle spalle – anche solo per un istante – ciò che ti ha causato tanto dolore – consegnandolo ad un passato che non è nello spazio e nel tempo, ma in un luogo remoto dentro di te – potrai vedere le mille sfumature di quell’esperienza ed entrare in contatto con la tua anima.
Non si può diventare ciò che non si è. Ma la vita ci offre mille occasioni per diventare ciò che si è veramente e, se vuoi essere un lupo, devi iniziare a danzare anche quando piove e le nubi nascondono la luna piena.
Ed allora, come dicono i tantrici: Emaho’! Meraviglia! Pura meraviglia riuscire a vedere gioia dove prima era dolore, anche se ho dovuto attraversare il mondo per comprenderlo.
Ma probabilmente la mia anima aveva in programma anche questo: non farmi trovare la soluzione davanti alla porta di casa.
E, ancora di più, mi sento amata, perché se – per creare una stella danzante – devo creare percorsi di luce nei luoghi più belli del pianeta, non può che essere amore ciò che muove i miei passi.
___
* Shiva Samhita
** Ma Gcig
Ho iniziato a scrivere un primo – seppur breve – diario di viaggio, qualche settimana prima di partire per lo Sri Lanka. Solo poche parole, dettate non dalla mente, ma dal cuore ed ispirate dalla sensazione che un viaggio, uno di quelli veri, non inizi in aereoporto, ma dal momento in cui, dentro di te, inizia a prendere forma l’idea di quella meta: quando, tra le infinite possibilità, una in particolare si fa spazio nella tua anima e, giorno dopo giorno, cresce, fino al momento dell’effettiva partenza.
Con tali presupposti – con l’emozione così forte per quella destinazione sin dal momento della prenotazione del volo – mi sarei aspettata di scrivere, durante e dopo il viaggio, un fiume di parole.
I pensieri erano tanti, le emozioni vissute ancora di più e gli insegnamenti impartiti dai monaci buddhisti raramente preziosi. Avevo tanto da condividere e trasmettere, ma, pur sforzandomi di mettere mettere nero su bianco quelle emozioni – affinchè di quell’esperienza restasse una traccia non limitata alle sole fotografie – con mio grande stupore, non riuscivo a scrivere nulla.
Sono oramai trascorsi mesi dal mio ritorno in Italia e, ieri sera, mi stavo chiedendo se l’idea della seconda parte del diario di viaggio avesse ancora un senso, considerato anche che, nel frattempo, sono partita e tornata da un’altra vacanza.
Mi chiedevo cosa ci fosse di logico nell’iniziare un diario di viaggio in febbraio, con la prenotazione di un volo per Colombo e nel concluderlo a giugno, un mese dopo essere tornata dall’isola di Formentera.
Eppure, questa mattina, una frase di Frietrich Nietzche mi ha svegliata prima dell’alba, ripetendosi nella mente come un mantra, quasi fosse il signor Nietzche in persona a volermi far alzare dal letto per iniziare a scrivere:
“Bisogna avere il caos dentro di sé
per generare una stella danzante”.
Ecco, dunque, che scrivere un diario di viaggio a distanza di mesi ha trovato, già mentre bevevo il caffè, la sua ragion d’essere. Non c’è niente di insensato: è tutto solo meraviglioso caos.
Con questa nuova sensazione, tutto mi è sembrato così chiaro da non lasciare adito a dubbi, e le parole sono iniziate ad arrivare naturalmente, perchè se è vero che un viaggio inizia molto prima di arrivare in aereoporto, non è detto che finisca – come la mente razionale vorrebbe – tornando a casa.
Sono partita per lo Sri Lanka sola, senza compagni di viaggio, con l’intenzione di andare a meditare con un monaco eremita, che vive isolato in un monastero nella foresta (e spesso, senza fare ritorno al monastero, nella foresta stessa si ferma a dormire senza alcun riparo), allo scopo di liberare il mio spirito selvaggio, superare le mie paure, i miei limiti e, ispirata dal noto libro di Clarissa Pinkola Estés, correre con i lupi.
Meditazione nella foresta
Volevo regalarmi un sogno – diverso dalla solita spiaggia di sabbia bianca e hotel 5 stelle – e, al fine di realizzarlo, avevo pianificato ogni minimo dettaglio.
Non appena atterrata a Colombo, mi sono resa conto che i sogni non si possono pianificare. Come i sogni notturni, che arrivano e svaniscono come la luce di un lampo, senza preavviso né controllo, anche i sogni ad occhi aperti sono come stelle cadenti: puoi essere così fortunato da riuscire a vederle, ma non esiste possibilità alcuna di poterle controllare.
Così, per una serie di circostanze, tutto ciò che avevo organizzato non era realizzabile e il mio programma di viaggio doveva essere modificato.
Non solo: l’arrivo anticipato ed imprevisto del monsone è riuscito persino a scombussolare il mio programma di riserva, costringendomi, ogni mattina, a rivedere, a riprogrammare, a decidere cosa fare, dove andare.
Volevo la foresta, ma, a dispetto di ogni mio piano e desiderio, pare che l’universo volesse portarmi al mare e davvero non riuscivo a capirne la ragione, considerato che ogni mia vacanza, negli ultimi vent’anni, è stata su una spiaggia. Come potevo liberare il mio spirito selvaggio facendo ciò che ho sempre fatto??
Dopo qualche giorno di consueta resistenza – nella speranza che tutto tornasse conforme ai miei piani – mi sono arresa e mi sono spostata in un monastero sulla spiaggia.
Epuure è stato lì, in quel monastero sulla spiaggia, che i miracoli hanno iniziato ad accadere. Non senza che la mia pazienza fosse messa a dura prova.
la caverna dei pipistrelli
Più volte ho chiesto al monaco di meditare nella bellissima sala piena di statue di Buddha di pietra bianca, ognuna con un mudra diverso. Ma lui, con un sorriso benevolo, ogni volta mi relegava in una caverna con un soffitto bassissimo, pieno di pipistrelli, dicendomi: “Qui, per te, è meglio. Puoi restare e meditare per tutto il tempo che desideri”.
E, così, per non dargli la soddisfazione di andarmene dopo mezz’ora di meditazione, in quella caverna sono restata anche a dormire.
A dispetto di ogni previsione, in quel luogo così poco confortevole, dormendo sulla pietra, con i pipistrelli sopra la testa, dopo due giorni, ho vissuto la mia prima vera esperienza di chitta samadhi: pura beatitudine della coscienza. Sono stata presa da una gioia così forte da dover correre nell’oceano, cantando a squarciagola, pervasa da un divino senso di gratitudine e sentendomi benedetta dall’universo.
Credo di essere rimasta l’intera giornata a giocare con le onde (contagiando di quella gioia tutte – non molte a dire il vero perchè la spiaggia era quasi deserta – le persone che si trovavano lì; poche o tante non conta, dopo poco tempo tra le onde c’erano solo persone che, sole o in compagnia, ballavano e cantavano). Per ore, ma d’altra parte, nessuno avvertiva più il senso del tempo e dello spazio, come normalmente li conosciamo.
Non c’era distinzione alcuna tra me (anima, cuore, corpo e mente), il mare, le sue onde, le persone che entravano in acqua sorridendo e cantando in mille lingue diverse, il cielo, l’universo intero.
Uscire dalle acque di quell’oceano, avrebbe significato tornare alla distinzione, alla separazione, quando, finalmente, avevo completa contezza di quella sensazione di unione di cui tanto si sente parlare nei corsi di yoga.
"In questo corpo c'è il monte Meru, circondato da sette isole, vi sono sette fiumi, mari, monti, campi e proprietari di campi.
Ci sono saggi e asceti, tutte le stelle e i pianeti, i santuari, i luoghi sacri e le divinità protrettrici che li abitano.
Vi si muovono il sole e la luna, autori della creazione e della distruzione.
Vi sono anche l'etere, l'aria, il fuoco, l'acqua e la terra" *
Ricorderò sempre, come uno dei momenti più belli della mia vita, il giorno precedente la mia partenza, quando ho chiesto al monaco di benedirmi prima di tornare in Italia: mentre mi allacciava un braccialetto e sussurrava un mantra impercettibile al mio udito, ho sentito il cuore alleggerirsi di ogni peso. Ho sentito quel mantra vibrarmi nel corpo ed eliminare ogni forma di dolore residuo e, nuovamente, spazio e tempo hanno perso ogni significato. Credo di aver impiegato ore a scendere i pochi gradini del tempio, in uno stato d’estasi, mentre lacrime di pura gioia mi scendevano, copiose ed inarrestabili, dagli occhi, perché, mai, nel corso della mia esistenza, mi sono sentita così leggera, nel cuore, nell’anima e nel corpo.
La triste verità è che, quando vivi queste esperienze indescrivibili, spesso non riesci a “trattenerle” dentro di te, a farle veramente tue per sempre.
Hai visto e sentito, sei giunta alla piena consapevolezza di cosa sia la realtà, quella che ci è negato conoscere con i sensi e la mente, così limitati. Arrivi alla vera conoscenza e capisci che solo per questi momenti vale la pena di vivere.
Tuttavia, quando la realtà quotidiana, la routine, le brutture del mondo ti ripiombano addosso, il tuo Ego, i tuoi attaccamenti riprendono forza e, a volte, cedi, relegando quei momenti d’estasi a ricordi, senza riuscire a trattenerli per quello che realmente sono: lo stato naturale dell’essere umano.
E così, con un nuovo trionfo dell’Ego e il medesimo atteggiamento di ricerca di un sogno, sono arrivata a Formentera.
Era la mia quarta esperienza su quell’isola magica, nella quale – ogni volta – un imprevisto, un’incomprensione, la compagnia “sbagliata” non mi avevano lasciato vivere come avrei voluto quella terra che io sento così forte.
Nuovamente, ho pianificato affinchè tutto potesse essere finalmente perfetto. E l’isola magica mi ha illusa, per un giorno.
Poi, nuovamente, una serie di circostanze mi ha portata ad adattarmi, a cambiare programma, a vivere situazioni completamente diverse da quelle che mi aspettavo e che avevo programmato.
Volevo la perfezione. Invece, ho vissuto la nascita della presunta perfezione, vedendo l’isola quando ancora di perfetto non c’era nulla.
Sono arrivata mentre Formentera stava nascendo. Tutta in costruzione: un locale apriva; dieci erano ancora chiusi con i lavori in corso e gli operai che tra sole, pioggia e vento, cercavano di dare in pochi giorni una forma a ciò che forma non aveva.
Ho visto quel luogo prendere vita, assumere un’identità, diventare ciò che gli è richiesto di essere fino a settembre.
Aspettavo che l’isola si animasse, diventasse perfetta, con i mercatini, i chiringuitos sulla spiaggia, tutto come da programma, senza quasi rendermi conto che la magia era prima, quando ancora la forma – costruita, misurabile, governabile, controllabile – non esisteva.
La magia era quando il vento ti spettinava anche l’anima, il caos regnava sovrano e tutti sembravano stare bene, tranne me.
Ciò che non comprendevo – ne’ in Sri Lanka, ne’ a Formentera – è che volevo vivere un sogno, senza rendermi conto che lo stavo già vivendo e, soprattutto, che era il sogno ciò da cui stavo cercando di fuggire.
Tutto è immagine, simbolo, sogno del sognatore che sta vivendo una realtà che crede vera, ma che nulla ha di reale.
E stamattina Nietzche mi ha svegliata, ricordandomelo e facendomi notare che, finché cerchi, sei nella mancanza.
Finchè cerchi il viaggio perfetto, sei così distante dalla realtà da non riconoscere che essa, non solo è perfetta così com’è, ma è tutta, semplicemente tutta, pura dimostrazione di amore.
Finchè cerchi il viaggio perfetto, ti perdi tutto ciò che l’universo ti sta donando: non riconosci nell’imprevisto il dono, non comprendi che quell’imprevisto è semplicemente il meglio per te, ciò che ti porta in contatto con la tua anima. Non provi gratitudine per il dono ricevuto e, così, e ti perdi tutto l’amore che la vita ti sta dando.
Ogni esperienza è perfetta, anche quando non corrisponde alle tue aspettative.
Ed e’ qui che il mio viaggio è iniziato davvero.
Quando ho iniziato a riguardare indietro, a rivedere ciò che è stato fino ad ora ed ho riconosciuto, in fondo al cuore, quanto sono stata amata profondamente in ogni istante della mia vita, anche quando il vento mi spettinava l’anima o il monsone mi costringeva a cambiare programma.
E questa grande manifestazione d’amore, oggi sono riuscita a vederla non solo nei viaggi, ma anche nelle persone con cui sono entrata in relazione nel corso della mia vita, sentendomi finalmente e profondamente amata da tutte loro, soprattutto da quelle con cui ho avuto i rapporti più difficili, che più mi hanno fatto piangere, realizzando che avevo bisogno di tutte quelle lacrime.
Avevo bisogno di tutti i loro atteggiamenti, soprattutto quelli che criticavo o che mi facevano soffrire.
Ognuno di loro è stato semplicemente la persona perfetta per me. Doveva mostrarmi una ferita che già era presente nel mio cuore e che la mia anima ha voluto affrontare e risolvere in questa vita.
Ogni volta che mi sono ribellata a quegli atteggiamenti perché mi facevano stare male, semplicemente o non ho voluto o non sono stata in grado di riconoscere quella ferita che, ignorata, puntualmente dopo un po’ si ripresentava.
Stare nella foresta è stato meraviglioso: meditare nella natura, tra scimmie ed elefanti in libertà, arrampicarmi sulla roccia per raggiungere il luogo di meditazione, dormire in una capanna che, in realtà, era un tetto di foglie secche senza pareti.
Ma correre con i lupi non era quello.
Correre con i lupi è danzare con la pioggia e fare l’amore con il vento, anche quando vorresti il sole.
Correre con i lupi è entrare in sintonia con tutto ciò che l’universo ti porta, anche con quelle emozioni che non vorresti – perché credi che non ci possa essere felicità nella rabbia, nella frustrazione, nella delusione – ed accoglierle, ringraziando nel profondo, perchè hai ricevuto il più grande dei doni.
Ho sentito dire che l’arcobaleno si può vedere solo se hai il sole alle spalle. Non ho appurato se sia scientificamente vero, ma l’idea mi piace.
Mi piace pensare che se ti giri verso il sole, non solo perdi i colori, ma rischi di restare accecato, fino a non vedere più niente. La stessa cosa con le ferite che hai dentro: se guardi ciò che ti fa soffrire, resti accecato dalla rabbia, dal dolore, da tutte le emozioni che la ferita riaperta ti può dare. Ti consumi, senza vedere il dono che la vita ti sta facendo.
Ma se solo trovi il coraggio ti girarti, mettendo alle spalle – anche solo per un istante – ciò che ti ha causato tanto dolore – consegnandolo ad un passato che non è nello spazio e nel tempo, ma in un luogo remoto dentro di te – potrai vedere le mille sfumature di quell’esperienza ed entrare in contatto con la tua anima.
Non si può diventare ciò che non si è. Ma la vita ci offre mille occasioni per diventare ciò che si è veramente e, se vuoi essere un lupo, devi iniziare a danzare anche quando piove e le nubi nascondono la luna piena.
Ed allora, come dicono i tantrici: Emaho’! Meraviglia! Pura meraviglia riuscire a vedere gioia dove prima era dolore, anche se ho dovuto attraversare il mondo per comprenderlo.
Ma probabilmente la mia anima aveva in programma anche questo: non farmi trovare la soluzione davanti alla porta di casa.
E, ancora di più, mi sento amata, perché se – per creare una stella danzante – devo creare percorsi di luce nei luoghi più belli del pianeta, non può che essere amore ciò che muove i miei passi.
___
* Shiva Samhita
** Ma Gcig
Ilaria